Come pregare la pioggia

Qualunque incertezza io potessi ancora avere sul funzionamento di questo principio, si è dissolta un giorno dell’inizio degli anni ’90. Il deserto del Nuovo Messico settentrionale stava subendo un lungo periodo di siccità, quando il mio amico David (uso uno pseudonimo), nativo americano, mi invitò a recarmi con lui presso un’antica ruota di medicina per “pregare la pioggia”. Dopo esserci dati appuntamento in un luogo preciso, mi unii a lui per una camminata mattutina attraverso una valle dove i cespugli di salvia si estendevano a vista d’occhio su una superficie di centomila acri. Dopo aver camminato per un paio d’ore, il nostro itinerario ci condusse in un sito che David aveva già visitato parecchie volte e che conosceva molto bene. Si trattava di un cerchio di pietre sistemate sul terreno secondo figure geometriche perfette a forma di linee e di frecce, la cui disposizione era rimasta identica a quella datagli dal suo costruttore originario molto tempo fa.

«Che cos’è questo luogo?» gli chiesi.

«Questo è il motivo per cui siamo venuti qui» mi disse David ridendo. «Questo cerchio di pietre è una ruota di medicina che giace qui da sempre, per quanto ne sappia la mia gente» Continuò a spiegare dicendo: «La ruota, di per sé, non ha poteri. Serve piuttosto a chi fa l’invocazione, come punto di focalizzazione della preghiera. Potresti concepirla come una specie di carta stradale – una mappa per mettere in contatto gli esseri umani con le forze di questo mondo». Anticipando la mia domanda successiva, David mi spiegò che il linguaggio di questa mappa gli era stato insegnato fin dai tempi in cui era ragazzo. «Oggi» disse «io viaggerò lungo un antico sentiero che conduce ad altri mondi. Da lì io farò ciò che siamo venuti a fare qui. Oggi, noi, preghiamo la pioggia».

Non ero preparato a ciò che avrei visto dopo che David ebbe pronunciato quelle parole. Lo osservai attentamente togliersi le scarpe ed entrare con delicatezza a piedi nudi all’interno del cerchio, da dove salutò le quattro direzioni e i suoi antenati. Lentamente, poi, dispose le mani davanti al viso in posizione di preghiera, chiuse gli occhi e divenne immobile. Insensibile al sole infuocato di mezzogiorno nel deserto, il suo respiro rallentò, fino a divenire quasi impercettibile. Dopo pochi minuti soltanto, David fece un respiro profondo, aprì gli occhi per guardarmi e mi disse: «Andiamo. Il nostro lavoro qui è finito». Mi aspettavo di vedere delle danze, o almeno di udire delle litanie e fui sorpreso dalla velocità con cui la preghiera era cominciata e si era ben presto conclusa. «Hai già finito?» gli chiesi. «Credevo che avresti pregato per la pioggia!».

La risposta di David a quella domanda conteneva la chiave che in seguito avrebbe permesso a molte persone di comprendere quel tipo di preghiera. Mentre se ne stava seduto a terra ad allacciarsi le scarpe, David mi lanciò uno sguardo e sorrise. «No» rispose «ho detto che avrei pregato la pioggia. Se avessi pregato per la pioggia, non potrebbe accadere nulla». Più tardi, quello stesso giorno, David mi precisò il significato della sua affermazione.

Iniziò raccontandomi come gli anziani del villaggio gli avessero rivelato i segreti della preghiera quando era ancora bambino. La chiave di tutto, disse, è che quando chiediamo affinché qualcosa succeda, diamo potere a ciò che non abbiamo. Le preghiere per la guarigione danno potere alla malattia. Le preghiere per la pioggia danno potere alla siccità. Poi concluse: «Continuare a chiedere in quel modo dà solo più potere alle cose che vorremmo cambiare».

Penso spesso alle parole di David e al significato che oggi esse potrebbero rivestire per la vita umana. Ad esempio, se preghiamo per la pace nel mondo mentre proviamo una forte rabbia nei confronti di chi fomenta la guerra, o perfino verso la guerra in sé, potremmo inavvertitamente alimentare proprio quelle condizioni che conducono sul versante opposto della pace! Con metà delle nazioni mondiali attualmente impiegate in un conflitto armato, mi chiedo spesso che ruolo possano avere ogni giorno milioni di preghiere ben intenzionate per la pace e come quel ruolo potrebbe essere modificato da un piccolo cambiamento di prospettiva.

Tornando a David, gli chiesi: «Se non hai pregato per la pioggia, allora cos’hai fatto?».

«È semplice» mi rispose «ho iniziato a sentire dentro di me l’effetto che fa la pioggia. L’ho sentita scorrere su di me, ho percepito cosa proverei camminando a piedi nudi nel fango in mezzo alla piazza del villaggio dopo una pioggia abbondante. Ho sentito l’odore che la pioggia sprigiona, quando cade sui muri di terra del villaggio e ho avuto la sensazione di camminare attraverso campi di mais dove le piante ti arrivano fino al petto, tanta è stata la pioggia».

La spiegazione di David era molto assennata. Coinvolgeva tutti i sensi – anche i poteri nascosti di pensieri, sensazioni ed emozioni, che ci distinguono da tutte le altre forme di vita – oltre all’odorato, alla vista, al gusto e al tatto, che ci collegano al mondo. Nel fare ciò, egli aveva usato l’antico e potente linguaggio che è in grado di “parlare” alla natura. Ma fu la parte successiva della sua spiegazione, ad arrivare dritta alla mia mente scientifica e al mio cuore, grazie alla forte risonanza che suscitava in me.

David mi spiegò che dopo le preghiere di pioggia, i sentimenti di ringraziamento e di gratitudine ricoprono lo stesso ruolo dell’ “amen” di matrice cristiana. Tuttavia, anziché esprimere un ringraziamento per ciò che aveva creato, egli si era sentito grato per aver potuto partecipare in prima persona alla creazione: «Con l’atto del ringraziare, noi rendiamo onore a tutte le possibilità, pur portando nel mondo solo quelle che scegliamo».

La ricerca ha dimostrato che è proprio questo tipo di gratitudine e di apprezzamento a rilasciare nell’organismo i potenti ormoni che sostengono la vita e rafforzano il sistema immunitario. Sono proprio i cambiamenti chimici che avvengono dentro di noi, a trasmettersi al di là del corpo fisico grazie agli effetti quantistici, mediante il canale rappresentato da quella misteriosa sostanza che collega tutta la creazione. Con le semplici parole di un’antica saggezza proveniente dal passato, David aveva appena condiviso con me una ricercata tecnologia, la conoscenza di una modalità perduta di preghiera.

Se non l’avete ancora fatto, vi invito a provare personalmente questa forma di preghiera. Pensate a qualcosa che vorreste sperimentare nella vita – qualunque cosa sia. Può trattarsi di guarigione da una malattia che affligge voi o qualcun altro, di sperimentare l’abbondanza nella vostra famiglia o di trovare la persona ideale con cui condividere la vostra vita. A qualunque cosa pensiate, anziché chiedere che si realizzi, percepite come vi sentireste se il risultato fosse già arrivato. Respirate profondamente e sentite la pienezza della vostra preghiera, già esaudita in ogni dettaglio, in ogni suo aspetto.

Provate gratitudine per come la vostra vita è cambiata, dopo l’adempimento della preghiera. Sentite il benessere e il rilascio di energia che emanano dall’atto del ringraziare, anziché da quello di desiderare ardentemente, tipico delle richieste di aiuto! La sottile differenza fra benessere e desiderio, è fatta dal potere di distinguere fra il chiedere e il ricevere.

estratto da “La Scienza perduta della Preghiera” di Gregg Braden

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