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Il Ritorno del Popolo Alato – Prima Parte

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CAPITOLO VI


Il Grande Paciere

La nostra visione originale lasciava intendere che i popoli americani avrebbero mantenuto la loro integrità. Se tale visione si fosse realizzata, gli scambi tra americani ed europei sarebbero stati di natura strettamente educativa, ed i popoli d’America avrebbero svolto il ruolo di maestri e di guaritori, per guidare consapevolmente le razze guerriere fuori dalle tenebre.

Se le tribù del continente americano non si fossero allontanate dai nostri insegnamenti, il corso degli ultimi cinquecento anni della storia dell’umanità sarebbe stato ben diverso: gli Europei non furono i soli ad infrangere la pace, poiché mai essi avrebbero potuto trapiantare la loro cultura sul suolo americano se i Popoli dei Laghi fossero rimasti fedeli alla verità. Ciononostante, noi non vogliamo giudicare nessuno.

Nell’America di duemilacinquecento anni fa, un essere incarnato in forma umana, con una sensibilità di cuore normalmente sviluppata, non poteva fare a meno di percepire la turbolenza emotiva dell’epoca. Noi avevamo sperato che la verità che aveva accompagnato per lungo tempo il nostro popolo si sarebbe rivelata utile durante quel periodo di purificazione; speravamo che la nostra gente, pur sentendo nel cuore la pressione della paura collettiva, non se ne sarebbe lasciata dominare, restando in tal modo una razza di guaritori e di maestri. In realtà, non andò affatto così.

Nell’America centrale e meridionale – culla, da sempre, di una predisposizione umana per l’amore ed il rilassamento – la crescente tensione provocata dalla coscienza umana collettiva iniziò a manifestarsi: tra gli abitanti si sviluppò una strana tendenza, che li portò ad interpretare con timore gli avvenimenti relativi all’ambiente circostante. Questo nuovo atteggiamento mise naturalmente il loro ego in primo piano e determinò una sempre maggiore accettazione d’un comportamento egoista, finché esso si diffuse e si fece sentire in maniera più accentuata nelle città, dove la verità venne snaturata. In definitiva, gli uomini diedero vita a ciò che più temevano: laddove per migliaia di anni gli esseri avevano vissuto collaborando strettamente con la Terra e le sue creature, nell’ambito di sistemi decentralizzati e pacifici, fecero la loro comparsa società fondate sulla gerarchia e lo sfruttamento.

In ogni tempo i popoli dell’America avevano dovuto raccogliere delle sfide, ma fino a quest’epoca erano stati il mondo esterno, la roccia, il vento, il caldo e la pioggia a metterli alla prova; queste tribù non avevano mai dovuto confrontarsi con le sfide distruttrici che sorgono dal di dentro, quando gli uomini sperimentano paure e dissidi.

Una volta che le genti discendenti del Popolo degli Uccelli ebbero perso il contatto con i loro spiriti eterni, divennero responsabili tanto quanto gli invasori di ciò che gli Europei portarono sul continente; non restava loro che allearsi con le razze guerriere, affinché tutti potessero alla fine ritrovare coscienza ed integrità.

Fu un periodo oscuro, ma non senza speranza. Lo slancio che animava i cicli più ampi continuava a guidare inesorabilmente ogni cosa verso la guarigione finale. Anche dopo che i popoli Tolteco, Olmeco, Maya, Inca e Azteco si furono cristallizzati intorno alla paura, alcune tribù americane restavano ancora fedeli alla verità.

Qua e là, alcuni di noi si incarnarono per un certo periodo, influenzando gli uomini: Quetzalcoatl, Deganawida, la Donna Bisonte Bianco, Ulikron, l’Essere d’Oro del Sole. Tuttavia, a mano a mano che i secoli trascorrevano e che i problemi aumentavano, raggiungemmo uno dopo l’altro il regno dello Spirito e sospendemmo le nostre incarnazioni terrene, in attesa del momento in cui la potente alta marea del Tempo avrebbe portato con sé l’onda del mutamento d’epoca. Il Popolo degli Uccelli non è solito rimanere laddove non è invitato. Noi non ci imponiamo e ci uniamo agli uomini solo quando siamo bene accolti dal loro ego; voliamo delicatamente nei circuiti umani per offrire ciò che siamo e fonderci solo se incontriamo disponibilità e fiducia.

Finché ci fu possibile, ci incarnammo sul continente americano. Ma la tensione generata dalla coscienza collettiva intrisa di paura finì col creare un tal fermento emotivo che incarnarsi nelle società guerriere divenne troppo doloroso per la maggior parte degli spiriti colmi di gioia venuti dalle stelle. Quando, più tardi, i primi Europei si imbatterono nei nativi americani, incontrarono degli individui il cui ordine sociale, naturale ed autentico era in declino già da più di duemila anni.

A quel tempo, ben pochi di noi si incarnarono a sud dei Grandi Laghi. La maggior parte di noi si era ritirata sulle montagne o nei lontani territori settentrionali. Finimmo con l’abbandonare persino il Nord e, senza lasciare la minima traccia del nostro passaggio, raggiungemmo, ormai disincarnati, l’universo spirituale. Sapevamo che i grandi cicli del Tempo, in perenne movimento, avrebbero un giorno reso nuovamente possibile la nostra presenza sulla Terra. Ed eravamo quasi tutti contenti di aspettare.

Io fui uno tra i pochi che continuarono a rivestire forma umana.

Per un certo periodo, cercai di guidare le nazioni insediate nelle foreste dell’America del Nord verso una realtà pre-esistente, che gli Ongwhehowhe avevano conosciuto. Sapevo che i miei tentativi non potevano essere interamente coronati da successo, in un’epoca nella quale la paura costituiva la vibrazione umana dominante; ma la missione che decisi di compiere, ne ero consapevole, avrebbe potuto notevolmente ridurre il trauma che l’imminente invasione europea avrebbe provocato.

Istituendo una confederazione delle tribù pacifiche e disposte a lavorare insieme, che vivevano sulle sponde dell’Atlantico settentrionale, avremmo creato un centro potente, dal quale le nostre energie avrebbero potuto scaturire, diffondendosi nelle epoche tormentate che si preannunciavano. Era possibile che, a partire da un tale centro, riuscissimo ad estendere la nostra influenza fino a raggiungere, forse e col tempo, i popoli che vivevano al di là dei Grandi Laghi, nei pressi del fiume Missisippi e delle pianure.

Oltre al valore immediato che la confederazione rivestiva per le nazioni che ne facevano parte, i suoi principi guida avrebbero permesso di ridurre la violenza che sarebbe certamente esplosa sulla scia delle ormai prossime (mancavano pochi secoli soltanto) ed imponenti migrazioni degli Europei sul continente. Questa confederazione avrebbe elevato il livello degli scambi consapevoli tra tutti gli abitanti dell’America del Nord. Essa avrebbe costituito un precedente nell’umana coscienza, un esempio, un modello destinato ad influire sottilmente sul pensiero delle future generazioni. Si trattava di un obiettivo che valeva la pena tentare di raggiungere, perché anche un successo parziale si sarebbe rivelato a lungo termine una carta vincente. Raccolsi tutta la mia consapevolezza e mi preparai a scendere sulla Terra.

Feci planare il mio spirito attraverso le foreste dell’Ontario. Sentii che una famiglia forte e coraggiosa desiderava accogliermi in seno ad una tribù accampata sulla sponda settentrionale del vasto mare interno. Nacqui e fui allevato tra gli Uroni. Vissi in uno dei loro villaggi.

Noto oggi col nome di Grande Paciere, viaggiai tra le nazioni di lingua irochese. Ad esse rammentai la presenza di esseri alati capaci di accorrere in loro soccorso, nonché il carattere sacro di qualsiasi forma di vita. Insegnai loro che la guerra rende l’uomo perverso come i suoi stessi nemici, e che il combattimento, salvo in caso di legittima difesa, rende l’uomo uguale al suo tanto detestato avversario.

Per prima cosa, portai questo messaggio ai Ganienkehaga: si trattava della tribù più violenta del Nord-Est, il popolo della Pietra di Selce o Mohawk, come viene oggi chiamato. Benché essi figurassero tra i più lontani discendenti del Popolo degli Uccelli originario, e sebbene la tradizione tramandata fino a loro fosse stata snaturata nel corso delle successive generazioni, le verità che io predicai suscitarono in loro una profonda risonanza interiore. Sapevo che se i Mohawk avessero espresso il loro assenso alla pace intertribale, sarebbe stato più facile persuadere le altre nazioni irochesi ad impegnarsi su questa strada: i Mohawk erano infatti famosi per il loro coraggio e l’abilità in guerra, e le altre tribù si sarebbero certamente mostrate assai interessate a qualsiasi importante notizia che li riguardasse.