CAPITOLO III
Le civiltà
Nonostante la ribellione delle razze guerriere, alcuni popoli continuarono ad opporsi all’idea di ricacciare i loro spiriti stellari. Attorno ai fuochi, durante le riunioni dei consigli, rappresentavamo ciascuna delle tribù rimaste fedeli attraverso un piccolo cerchio tracciato sulla sabbia, ed intorno a questi Custodi dei Cerchi di Luce disegnavamo poi un’ampia circonferenza, simbolo del Grande Spirito che tutti li racchiudeva. Tra noi ci riconoscevamo col nome di “Ongwhehonwhe”, che significa “il popolo fedele alla realtà”.
Grazie alla perfetta armonia che ci univa alle originarie istruzioni del Creatore ed all’amplificazione dell’energia generata dalla concordia che regnava tra noi, il potere della Terra restò ancora in larga misura nelle nostre mani. Ma alcune cose non possono essere ottenute per mezzo della costrizione, e l’amore per la verità è una di queste: se gli ego si fossero rifiutati di collaborare volontariamente con noi, il piano riguardante l’umanità non si sarebbe potuto realizzare. Pur possedendo la facoltà di annientare in battaglia i popoli bellicosi, cacciandoli in tal modo dal pianeta, non prendemmo in considerazione tali misure: le razze guerriere, incarnate o no, facevano pur sempre parte di noi. Incarnate o no, esse avrebbero continuato a perturbare il campo emozionale della coscienza collettiva che condividevano con esse.
Il livello fisico era quello nel quale erano precipitati i popoli guerrieri, e solo questo piano avrebbe loro permesso di ritrovare l’integrità originaria. Per poter comprendere la follia di una vita governata dalla paura, era necessario ch’essi fossero incarnati: l’esperienza terrena era l’unica in grado di condurli verso un’epoca che sarebbe stata testimone dell’emergere di un nucleo di uomini dal cuore nuovamente aperto a Dio. Le loro anime appassionate restavano un elemento indispensabile in seno alle future specie del pianeta, e come tali dovevamo accoglierle.
Donammo loro le terre poste in riva al mare oggi noto col nome di Mediterraneo, e restammo presenti in ogni altra regione del globo.
Ma le razze guerriere erano aggressive, ed il loro numero aumentò rapidamente. Il nostro metodo di insegnamento era basato sulla pazienza e sull’esempio, non sulla guerra e lo scontro. Così, nel corso dei successivi millenni, mentre si accresceva senza sosta il loro potere sulle terre oggi divenute Asia, Africa ed Europa, noi ci ritirammo gradualmente.
Alla fine furono soltanto due le isole sulla quale riuscimmo a mantenere una presenza consistente anche in epoca storica: due isole, ciascuna delle quali rappresentava un intero continente; due isole selvagge, non ancora toccate dalla civiltà, che ai nostri occhi apparivano rinfrescanti come l’acqua sorgiva che scorreva in abbondanza nelle regioni dell’interno, e come la pioggia che cadeva a dirotto sulla vegetazione lussureggiante.
Su questi due continenti mantenemmo un campo vibrazionale luminoso e protettivo, grazie al quale numerose tribù poterono vivere e prosperare per molto tempo ancora dopo che l’umanità sprofondò nelle tenebre e nel caos. Voi che vivete oggi, ben poco sapete di ciò che accadde su queste terre, giacché a quell’epoca la storia, così come le testimonianze scritte, non esisteva.
Il Popolo degli Uccelli fece la sua comparsa sul territorio delle due Americhe, per poi scomparire senza lasciare un solo nome inciso nella pietra, né alcuna statua eretta con arroganza per guardare al di là degli oceani, né un solo osso umano sepolto, a testimonianza della loro vita, nella terra della loro Madre. E questo perché al momento di abbandonare i loro corpi, questi popoli ascesero, senza lasciare traccia alcuna.
Le due Americhe: un continente tranquillo, un continente che lasciò poche tracce scritte, poche città in rovina. Di tutte le regioni del pianeta, fu qui che rimanemmo incarnati più a lungo.
Dopo la ribellione, l’energia guerriera aveva fatto il suo ingresso nei campi di pensiero e di emozione che circondavano il pianeta ma, grazie all’aura che dispiegammo intorno alle Americhe, riuscimmo a preservare il continente dagli influssi più negativi. Quando, eccezionalmente, accadeva che la paura riuscisse ad insinuarsi in alcuni membri del nostro popolo e a deviare il loro comportamento, riunivamo l’assemblea del consiglio: se questi individui minacciavano di sconvolgere il sacro equilibrio, li invitavamo a modificare il loro atteggiamento e, in caso di rifiuto, chiedevamo loro di andarsene. Coloro che ci lasciarono lo fecero spontaneamente e non tornarono più. Essi sapevano che la decisione del consiglio era giusta ed equa: erano consapevoli di aver scelto un comportamento le cui vibrazioni erano incompatibili con quelle da noi emesse sul continente. Così, partivano su barche, oppure attraversavano il grande ponte di ghiaccio del nord.
Quanti abbandonarono l’America per stabilirsi altrove furono consci delle ragioni del loro esilio. Conservando sulla corteccia di betulla o sulle pelli di bisonte la testimonianza della loro storia, salvaguardando una tradizione orale, i loro discendenti compresero che sarebbe venuto il giorno in cui sarebbero stati invitati a tornare, un giorno nel quale ciò che era stato disfatto si sarebbe ricomposto, ciò che era stato perduto sarebbe stato ritrovato, ciò che era stato dimenticato sarebbe tornato alla memoria di ognuno.
Coloro fra noi che rimasero in America s’incarnarono e se ne andarono in pace, dopo aver reso onore alla parte spirituale del loro essere, dopo aver trovato il giusto equilibrio con la natura ed aver vissuto in armonia con le stagioni ed i loro simili. Eravamo un popolo pacifico e, pur non avendo raggiunto la perfezione, non eravamo soliti sollevare controversie per nulla. Imparammo a soddisfare le nostre necessità vivendo in armonia con la Terra ed i suoi abitanti. Nutrivamo un grande rispetto per la terra che ci ospitava e trattavamo gli animali come fratelli e sorelle.
Lo slancio della nostra creatività si espresse su un piano biologico: creammo perciò piante e legumi di forma e dimensione diverse, patate, granoturco, fagioli, arachidi, zucchine, meloni, patate dolci e zucche; concepimmo forme di vita destinate a farsi i nuovi interpreti del suono e della luce, uccelli meravigliosi, creature intelligenti. La nostra Madre Terra ci accoglieva, ed insieme a tutte queste forme di vita, condividevamo la sua ospitalità. Gli spiriti che abitavano i regni vegetale ed animale erano nostri pari, oltre che amici. Ci accadeva ancora di essere messi alla prova e di commettere degli errori, di dover talvolta affinare l’accordo tra noi, me queste erano tutte occasioni per perfezionare l’armonia. La maggior parte degli ego rimase fedele nelle Americhe e, sebbene gli spiriti di Dio non fossero incarnati in tutti gli individui, lo erano in molti di loro.
Finché le popolazioni rimasero poco numerose e la coscienza collettiva dell’umanità non si fece sentire su scala mondiale, riuscimmo a proteggere queste isole da quella malattia che è la paura. Una malattia che era però parte integrante del campo collettivo della nostra esistenza, cosicché il numero degli individui che vibravano all’unisono con la paura aumentò rapidamente nel corso dei millenni che seguirono alla ribellione. L’influsso di tali vibrazioni divenne col tempo sempre più forte.
Circa duemilacinquecento anni fa, gli esseri umani erano abbastanza numerosi da segnare chiaramente il nascere di una coscienza globale dell’umanità. Non stupiva il fatto che la paura si infiltrasse sempre più spesso nei nostri territori: la nostra aura continentale andava indebolendosi, ed i germi del malcontento iniziarono a proliferare.
Io facevo parte di un piccolo gruppo che aveva accettato l’incarico di tenere sotto osservazione la crescente influenza esercitata dall’energia della guerra sulle sfere di pensiero che circondavano la Terra, e quando vidi che i germi della motivazione della paura cominciavano a falsare ed a corrompere i valori delle tribù-chiave che popolavano l’America del Sud e l’America Centrale, i miei presentimenti trovarono conferma: seppi allora che gli Europei sarebbero ben presto sbarcati sulle coste americane. Mi resi conto che il ciclo della purificazione era ormai vicino e che presto, entro meno di duemila anni, il mondo degli uomini sarebbe stato uno solo. Il nostro periodo di isolamento sul continente americano stava rapidamente volgendo al termine.
—————— Feci allora la mia scelta. Mi sarei recato nel cuore della fortezza dei popoli guerrieri per rivolgermi direttamente a loro; essi avrebbero probabilmente rifiutato i miei insegnamenti, lo sapevo, ma avrei diffuso tra loro immagini e concetti in grado di addolcire e moderare la loro imminente invasione. Avrei cercato di instillare in essi una comprensione della situazione globale del pianeta, di portare alla memoria la loro propria integrità, insieme alla ragione del loro esilio ed alla visione del regno futuro.
La sfida che dovevo raccogliere era quella di essere presente nel loro mondo senza peraltro appartenervi, giacché troppo vaste erano le mie conoscenze tecniche per poter davvero vivere nel loro universo. Sapevo ch’esso era frutto della loro immaginazione, che era interamente generato dalle loro paure. Feci allora la sola cosa in mio potere per entrare veramente in contatto con tali popolazioni: cancellai dal mio spirito qualsiasi ricordo, al fine di nascere tra loro e divenire figlio della loro stessa cultura, e lasciai che la mia consapevolezza si adattasse al loro mondo immaginario, modellandola come uno strumento di comunicazione in grado di parlare la loro stessa lingua.
Mi addormentai tranquillamente in loro compagnia e la mia consapevolezza filtrò attraverso i loro sogni. Indossai le vesti caratteristiche della loro cultura affinché, quando fosse giunto il momento di comunicare con tali individui, essi non considerassero i miei insegnamenti come dei precetti estranei alla loro società, ma li accettassero come una fonte di saggezza ispirata alla loro tradizione giudaico-romana.
Al mio risveglio, insegnai loro la potenza del Dio vivente, questa potenza sempre disponibile alla quale essi potevano abbandonare tutte le paure e che avrebbe instillato consapevolezza nella loro esistenza, rendendo loro l’interezza. Mostrai a quegli uomini che non si trattava di una potenza eterea, mistica o astratta, ma bensì di una realtà biologica e pratica che viveva dentro a ognuno di loro: la potenza della Vita stessa.
Insegnai loro che la vita che li animava e fioriva intorno a loro era portatrice di un’intelligenza e di un disegno profondo, rivelai il modo per entrare in contatto con questa intelligenza e per lasciare che i progetti della vita – il Regno dei Cieli – emergessero dal profondo del loro cuore.
Parlai loro degli esseri spirituali, gli angeli, che per tre miliardi e mezzo di anni avevano esercitato sulla Terra il potere creativo della vita. Spiegai che la loro esistenza sarebbe stata trasformata in maniera radicale se si fossero uniti allo Spirito Santo di tali creature, ma che stava a loro invitare lo Spirito accogliendolo nella vita quotidiana, perché il Popolo Alato non intendeva affatto interferire con il loro libero arbitrio.
Attraverso il mio modo di viverre, il mio insegnamento e l’esempio che fornivo, feci notare agli esseri umani che non avevano affatto bisogno di lasciarsi dominare dalle paure, che potevano rilassarsi, gettare tutti i loro timori nel Fuoco che brucia per l’eternità nel sacro cuore di Dio, e allinearsi con l’amore eterno diventando uno con il Creatore e condividendo pace ed armonia con i loro simili e con un universo colmo di benevolenza.
Ciò che più mi premeva era vedere gli esseri umani delle civiltà guerriere perdonarsi a vicenda, amare il loro prossimo e guardare le cose attraverso gli occhi dello spirito, anziché rimanere prigionieri delle sole percezioni del loro ego. Ero impaziente di veder rinascere in loro la consapevolezza dello splendore che li circondava, della gioia potenziale ch’essi avevano dimenticato. Invocai il bene supremo. Grazie al mio perfetto allineamento con le intenzioni del Creatore, nel momento in cui il mio messaggio venne improvvisamente interrotto, la mia preghiera scatenò la risposta simultanea del Cielo e della Terra. Il mio appello echeggiò fino ai livelli più elevati dei mondi spirituali. Altri esseri presero coscienza della forza potenziale che avevo percepito e poiché si trattava di una questione cara al cuore del Grande Spirito, in quello stesso istante venne concepito un contesto destinato a guarire le tribù bellicose più violente.
Ogniqualvolta l’insegnamento di un incarnato animato dal desiderio ardente di portare a termine la propria missione viene repentinamente interrotto, come nel mio caso, si forma una specie di bolla, una potenziale coltura, simile a quella creata da un fermento lattico o da un lievito. Ciò si rivelò essere un nuovo tipo di cultura umana che venne alla luce grazie alla manifestazione di tutte le potenzialità, sia positive che negative, finalmente rivelate: la civiltà cristiana.
Qualcosa che invitò ciascun individuo a completare quella vita interrotta dalla crocifissione, qualcosa che sfidò apertamente ogni logica verosimile, qualcosa che strappò il mondo dalle tenebre imperniate sulla paura dell’ordine giudaico-romano.
Ma ogni medaglia ha il suo rovescio, e ciò vale anche per le azioni compiute dai Cristiani durante quei secoli di inconsapevolezza. Lo so bene, perché io stesso, insieme ad altri spiriti appartenenti al mio Cerchio di Luce, abbiamo tenuto sotto osservazione quei secoli. Incarnati qui e là, per qualche giorno o qualche istante, nei personaggi chiave, o ispirando ai bardi canzoni innocenti e ricche di esperienza, guidammo gli individui ricettivi alla nostra presenza: musicisti, bambini e, quando fu possibile, governanti.
In tempi storici, la nostra presenza dietro le quinte è sfuggita alla vista degli uomini, poiché essi non hanno più alcuna visione: essi rimettono ad altri la loro percezione e rifiutano di credere alle esperienze difficilmente traducibili in parole. Solo perché il termine per designarle non figura nella loro lingua madre e la gente non ne parla, essi credono che tali esperienze non esistano affatto. In realtà, lasciano ad altri il compito di “vedere” per loro, ed abbandonano il loro potere per diventare gli inconsapevoli prigionieri di una finzione incentrata sul linguaggio. Spesso non si accorgono della presenza di un angelo, e ancor meno di un’intera specie di custodi spirituali, e questo nonostante la nostra costante presenza dietro le quinte delle loro preoccupazioni.
La civiltà nasce quando gli uomini si fanno più attenti alle parole altrui che non alle loro percezioni personali, ed è l’inizio di un periodo di alterazioni e di perversioni che finisce col produrre una svolta nel cammino degli uomini: essi passano dai consigli dettati dall’interno dal Grande Spirito ad una dominazione esterna esercitata da altri.
La civiltà non esiste tra i popoli sani. Gli uomini delle società sane, non storiche, non si interessano affatto alle fantasticherie dei loro simili, e non vengono manipolati da alcuna descrizione della realtà imposta dall’esterno. La civiltà fu un passo indietro per i popoli dell’America, mentre per le razze guerriere aveva rappresentato un passo avanti nella direzione giusta: infatti, addomesticare degli animali e coltivare i cereali avevano richiesto lo sviluppo di qualità diverse da quelle necessarie per un modo di vita basato sulla caccia e sull’annuale saccheggio del villaggio vicino. Noi insegnammo per ciò alcune arti alle razze guerriere. Nelle civiltà da noi iniziate in Giappone, India, Cina ed altrove, trovammo l’opportuno supporto pedagogico per radicare valori che, in altre circostanze, non avrebbero potuto diffondersi in seno a società bellicose.
Poiché l’intransigenza dei loro pregiudizi linguistici rendeva pressoché impossibile qualsiasi contatto diretto con gli individui appartenenti a tali società, per comunicare non ci restava che la soluzione, lenta ma sicura, di guidare l’evoluzione a lungo termine dei loro valori collettivi. Tale forma di comunicazione tra il regno angelico e quello umano, lenta a mostrare i risultati ma relativamente sicura, venne da noi adottata per molti millenni. In seguito, giunse il momento di introdurre insegnamenti specifici, che potevano essere trasmessi soltanto da uno di noi che si fosse incarnato in mezzo agli uomini.
Anche se vennero in un primo tempo rifiutate, le idee introdotte all’inizio dell’era cristiana permasero comunque nella coscienza degli Occidentali. Come l’edera che, con delicatezza e fermezza nel contempo, compie la propria opera lungo i muri di pietra, tali idee esercitarono la loro progressiva influenza, fino a capovolgere gran parte dei dogmi tradizionali tipici dei popoli bellicosi. Rafforzando tutte le azioni degli uomini, sia creative che distruttive, queste idee furono direttamente responsabili del contesto sociale, caratterizzato da enormi tensioni, dal quale prese avvio la Rivoluzione Industriale.
Anche se ha causato grandi devastazioni negli ecosistemi planetari, la Rivoluzione Industriale si è rivelata nel contempo preziosa e necessaria: quando l’umanità sarà guarita e noi potremo lavorare liberamente con le nostre creazioni, tutti i danni inflitti all’ambiente verranno riparati nel giro di pochi secoli. È più facile eliminare le sostanze tossiche dalle valli che liberare la mente umana dalle idee nocive responsabili di tali rovine, e nel processo di guarigione, è la coscienza degli uomini che deve prima di tutto cambiare.
L’era industriale ebbe come principale conseguenza l’avvento di un’Età dell’Informazione che ci permise di stabilire con la vostra razza una comunicazione su vasta scala, che diversamente non avrebbe mai potuto realizzarsi.
La Rivoluzione Industriale ha messo chiaramente in evidenza le contraddizioni insite nella paura: in un’epoca nella quale l’intelligenza dell’intera umanità si è elevata ad altezze mai raggiunte prima d’ora, portandola quasi alla soglia del risveglio, i sistemi mondiali di telecomunicazioni attirano ancora oggi l’attenzione degli uomini sui problemi sollevati da un modo di pensare centrato sulla paura.
Continuerete ad essere assorbiti da tali problemi, finché non compirete l’unico atto in grado di risolverli: la totale rinuncia al mondo guerriero. Questa fase in cui l’umanità si libera delle vecchie abitudini della storia è già iniziata.
Un gran numero di uomini è oggi consapevole della nostra presenza.
La nostra coscienza fluisce ogni giorno attraverso l’elaborazione di migliaia di uomini capaci di trasportarla in pensieri creativi; il nostro discernimento ed il nostro punto di vista ribollono sotto la superficie di dozzine di film, centinaia di libri e migliaia di articoli e canzoni popolari prodotti ogni anno. L’umanità è racchiusa in un’unica comunità socio-economica che prende atto di tutte le informazioni nuove e virtualmente utili.
Imperfetta come le culture che l’hanno preceduta, la vostra attuale civiltà planetaria è basata sulla separazione tra l’uomo e Dio, ma il processo di apprendimento che conduciamo nei confronti della vostra razza è stato accelerato e l’intelligenza umana ha conosciuto un generale sviluppo. Centinaia di migliaia di voi sono oggi sul punto di capire un messaggio che, solo duecento anni fa, potevamo trasmettere unicamente a piccole dosi ed in modo frammentario a pochi individui isolati.