L’immagine dell’albero è ben radicata nella fantasia umana come simbolo potente di vita in continua evoluzione, di rigenerazione, di saggezza. Parecchie pagine della letteratura, da quella religiosa (i Romani e i Celti avevano il culto degli alberi, cui attribuivano poteri sia fitoterapici sia di predizione del futuro e, anche nella religione cristiana, troviamo l’immagine dell’Albero della Vita o della Conoscenza, che cresceva nel giardino dell’Eden) a quella fantasy (come non ricordarsi di Barbalbero o Fangorn del Signore degli Anelli di Tolkien) hanno tentato di dare spoglie umane agli alberi, forse per rendere omaggio a questi colossi del tempo.
Ora gli alberi diventano anche protagonisti di un’incredibile installazione sonora creata da Bartholomäus Traubeck, graphic designer tedesco che ha deciso di far suonare gli alberi. L’istallazione si chiama Years e sfrutta il concetto di dendrocronologia, ossia il sistema di datazione che si basa sulla formazione annuale degli anelli del tronco degli alberi. Lo scopo di Years è quello di ricavare suono da dischi di tronco tramutati in veri e propri 33 giri, utilizzando un giradischi modificato solo ed esclusivamente nella puntina, sostituita da una telecamera in grado di trasformare le venature in note di pianoforte.
Le striature sono analizzate dalla telecamera nella loro profondità, nello spessore e nella modalità di crescita. Come spiega lo stesso creatore: “Questi dati sono solo la base per il processo generativo del suono. Ogni cerchio è, infatti, convertito in una scala di suoni a seconda delle proprie caratteristiche grazie al processo generativo della scala delle note, definita dall’apparenza del legno (da suoni profondi a leggeri a seconda della texture). Il suono è sicuramente condizionato dalle regole di programmazione e dalla struttura hardware utilizzata, ma i dati acquisiti da ogni albero interpretano queste regole in modo assai differente”.
Così, come sappiamo che ad ogni cerchio concentrico corrisponde un anno, in questo modo ad ogni anno corrisponderà una nota: quasi come se fosse la pianta stessa a raccontare la sua storia. Ed è davvero emozionante.
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